Oltre il kamut e le farine di avena e farro, il cereale del futuro ha un nome che viene da lontano, è il più giovane tra tutti, ma per molti aspetti, non solo nutrizionali, è superiore ai suo progenitori: è il tritordeum, un cereale ottenuto in Spagna dall’incrocio naturale tra grano duro e orzo selvatico, ottimizzando al meglio le caratteristiche sia dell’uno che dell’altro.
Dalle spighe del tritordeum si ottiene un grano naturale eccellente per pane, pizza e dolci, dagli alti valori nutritivi. Rispetto agli altri cereali più conosciuti il tritordeum innanzitutto presenta un minor contenuto in amido e quindi un indice glicemico più basso, che lo rende utilizzabile, soprattutto nella sua forma integrale, anche dai diabetici.
Il tritordeum, inoltre, ha un contenuto di glutine, misurato con il test approvato dalla Commissione Alimentarius, significativamente inferiore a quello del grano tenero e del farro. Il tritordeum, comparato agli altri cereali, ha un più alto contenuto di proteine, caratterizzato da una elevata digeribilità, e il più basso contenuto di amido.
È coltivato in Italia in via sperimentale, con tecniche sia convenzionali sia con il biologico.
Al momento non è ancora possibile acquistare nei negozi la farina di tritordeum con cui fare pane e dolci in casa. A tiratura limitata, solo trecento pacchi, un pastificio pugliese ha prodotto pasta al tritordeum e pasta alla canapa. E chissà che questo nuovo cereale non prenda piede prima del previsto.